«Chi tocca il camion capisce quant’è moderno»: cosi Albo e Unrae spingono i giovani verso il trasporto

 

Ma secondo voi un giovane di oggi può essere interessato alla professione di conducente di veicoli pesanti? La risposta, a lume di naso, dovrebbe essere negativa.
Per almeno tre fattori:
1) Perché l’immagine di cui è accreditata questa professione presso l’opinione pubblica è quanto mai negativa. In genere le persone hanno una considerazione bassa dei trasportatori, perché li vedono un po’ rudi e prepotenti, sempre vestiti con canottiere da cui fuoriescono vistosi tatuaggi;
2) Perché la concorrenza straniera ha reso questo mestiere poco attraente dal punto di vista della soddisfazione economica, soprattutto se rapportato ai sacrifici richiesti;
3) perché in una prospettiva di 15-20 anni la guida autonoma diventerà realtà e quindi la convinzione diffusa è che il mestiere stesso andrà scemando.

Ecco perché, di fronte a queste ragioni appare abbastanza evidente che i giovani si tengano distanti dall’autotrasporto e perché in Italia come in Europa la penuria di conducenti sia diventato un grande problema.
Così, quando è partita l’iniziativa sorretta economicamente dall’Albo dell’Autotrasporto e affiancata da Unrae per far avvicinare i giovani alla professione di conducente, difficilmente qualcuno avrebbe
scommesso sul suo successo.
E invece bisogna ricredersi.
Perché sono arrivate così tante domande (2.511 di cui 2.202 ritenute idonee) che l’Albo stesso – come ha ricordato davanti a 200 studenti in un incontro presso il CNOS-FAP Puglia a Bari, la presidente Maria Teresa Di Matteo – è stato costretto a «un incremento dei fondi dedicati di tre milioni di euro, con l’intento di finalizzare la formazione anche all’acquisizione della patente E».
E la graduatoria dei primi 500 giovani che possono già partire con la formazione è stata già pubblicata la scorsa estate.
Ma è tutto quindi un fatto economico, nel senso che i giovani non scelgono di fare l’autista perché i costi della patente e della CQC sono troppi elevati? Può essere, ma è riduttivo.

La riuscita di questo progetto è dettata dalle modalità con cui viene portato avanti. Innanzi tutto, entra
direttamente nei contesti formativi: come nel caso di Bari, per esempio, viene accolto da scuole salesiane in cui si incontrano direttamente i giovani. E ai giovani si cercano di sfatare i luoghi comuni o le distorte
informazioni elencate all’inizio.
Ma non affidandosi alle parole, quanto facendogli toccare con mano e tramite le spiegazioni dei rappresentanti dell’Unrae, cosa significhi guidare un camion, quali strumentazioni ultra moderne ci siano all’interno della sua cabina, che tipo di preparazione informatica deve possedere chi sarà chiamato un
domani a condurli.
Così i giovani guardano a quell’oggetto imponente non più come a una ferraglia maleodorante, ma come a un concentrato di tecnologia.
Mezzi tecnologici che – come ha sottolineato il presidente della sezione Veicoli Industriali di Unrae, Franco Fenoglio – devono essere affidati a conducenti preparati e responsabili. Ma Fenoglio è andato oltre.
Perché, dove aver spiegato il perche il camion avrà un futuro garantito anche in un futuro intermodale, in quanto riesce a «coniugare il massimo della tecnologia in termini di connettività e sicurezza della circolazione con l’elasticità di impiego e versatilità nella circolazione e distribuzione delle
merci», ha ribadito che «la tecnologia di bordo è uno strumento che va
gestito da personale sempre più qualificato, competente e
responsabile».
E quindi i giovani che hanno queste caratteristiche hanno ottime possibilità di costruirsi una professione. In questo modo, peraltro, il Progetto Giovani Conducenti dell’Albo finisce per fornire «un impulso
positivo – ha suggerito Fenoglio – alla soluzione del problema della disoccupazione giovanile».
Attenzione, non si tratta di chiacchiere: le richieste di poter porre un’opzione su questi giovani nel momento in cui termineranno la formazione sono tantissime. E d’altra parte, come ha ricordato Vincenzo
Motta, imprenditore del trasporto e vicepresidente di Anita, questo progetto
consente «alle aziende di autotrasporto di potersi avvalere di personale qualificato e favorisce il ricambio generazionale». Mentre Andrea Manfron, segretario senerale di FAI-Conftrasporto, ha confermato che «i
conducenti sono per le aziende un valore aggiunto fondamentale».
Ma se tutto ha funzionato a meraviglia perché non andare avanti e magari rilanciare? Fenoglio, sempre pronto in tal senso, ha messo già le mani avanti: «Sarebbe oltremodo interessante e utile se l’iniziativa potesse produrre, in una prossima fase, anche progetti di formazione ulteriore per addetti ai
trasporti di materie pericolose e di merci in regime di temperatura controllata, altri due settori fortemente sensibili dove la carenza di strutture di controllo e di addetti con adeguata professionalità comincia a farsi sentire, così come avviene anche nel settore dell’assistenza tecnica, impegnato in una evoluzione di portata epocale».
Appuntatevi queste proposte perché – c’è da scommetterci – ne sentiremo ancora parlare.