Questa ennesima sentenza della Cassazione sulla manomissione del tachigrafo digitale lascia comunque il segno. Perché, per la terza volta precisa a chiare lettere che la normativa del codice della strada non è speciale rispetto a quella del codice penale (e di conseguenza prevalente), ma agisce su un terreno diverso. Quindi, a chi altera, manomette o se preferite “tarocca” lo strumento per la registrazione dei tempi di guida e di riposo, non si applicano semplicemente le sanzioni previste dall’art. 179 del codice della strada, quanto piuttosto l’art. 437 del codice penale che prevede che

«chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni».
Il fatto preso in esame dalla Cassazione Penale, Sez. 1, 12 luglio 2017, n. 34107 è quello di un autista che, nell’ottobre 2013, aveva inserito una calamita per bloccare il funzionamento del tachigrafo. Gli inquirenti gli contestavano il reato penale previsto dall’art. 437 c.p., ma il Gup del
Tribunale di Livorno chiudeva la questione con una sentenza di non luogo a procedere. In pratica, nel caso in questione, riteneva non si potesse ravvisare un reato penale.
La successiva impugnazione però da parte del Procuratore Generale di Firenze portava la questione in Cassazione, che a quel punto riprendeva esattamente le argomentazioni già esposte dalle precedenti sentenze. Vale a dire quella che segna una doppia linea di demarcazione tra la fattispecie
penale e quella amministrativa nel dolo, nella volontà specifica cioè di operare un raggiro, presente nella prima ma non nella seconda, e nei destinatari delle norme che nel caso del reato penale sono coloro che hanno di fatto effettuato la manomissione, nel caso della sanzione
amministrativa sono chi «”circola” o “il titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto…..che mette in circolazione” un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo o con “cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante”, punendoli anche se non sono autori della manomissione».
Ciò non toglie che, precisa la Cassazione, siano «applicabili, ove sussistenti i rispettivi presupposti, entrambe le norme».
Vale a dire la contestazione del reato penale non esclude l’applicazione della sanzione amministrativa.
Sulla base di questa decisione la Cassazione ha annullato la Sentenza e ha rimesso gli atti al giudice delle indagini preliminare del Tribunale.