La Commissione europea si appresta ad effettuare una revisione mirata della Direttiva sul distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (Direttiva n. 71/1996), con l’obiettivo di contrastare le pratiche sleali tra imprese, migliorare le condizioni di lavoro e promuovere il principio per cui lo stesso lavoro nello stesso posto dovrebbe essere retribuito allo stesso modo.
L’orizzonte nel quale si indirizza la Direttiva è quello di creare un mercato comune più equo, garantire condizioni di parità tra le imprese e rispondere alle difficoltà segnalate dalle aziende che prestano servizi a livello transfrontaliero.
Dai dati in possesso della Commissione, infatti, si evince come nel 2014 i distacchi siano cresciuti del 44% rispetto al 2010, soprattutto nel settore edile e manifatturiero. Il distacco, sebbene sia uno strumento che è parte integrante del mercato interno dell’UE, può generare forti distorsioni e diventare una causa di dumping sociale.
All’annuncio della Commissione, le reazioni degli Stati e delle organizzazioni sociali sono state variegate. Tendenzialmente, i Paesi del nord Europa, la Confederazione europea dei sindacati (CES), e la Confederazione europea dell’edilizia (EBC) sono favorevoli alla revisione della Direttiva, revisione che invece ha trovato opposizione prevalentemente nei Paesi dell’Europa dell’est.