Lo “split payment” è il nuovo sistema che, dallo scorso 1° gennaio, in seguito alla Legge di Stabilità, pone a carico delle pubbliche amministrazioni il versamento dell’Iva riferita a cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei loro confronti.

In base a tale disposizione, le imprese che emettono fattura nei confronti della Pubblica amministrazione, a vario titolo (per opere pubbliche, servizi, fornitura di materiali, ecc.) non riceveranno più il pagamento l’importo relativo all’Iva per le operazioni effettuate, in quanto saranno gli Enti stessi (Comuni, Usl, Aziende ospedaliere, Enti di previdenza, ecc.) a provvedere direttamente alla corresponsione dell’Iva all’Erario.
Ciò significa che le imprese operanti in prevalenza per il settore pubblico dovranno anticipare l’Iva ai propri fornitori, senza più incassarla sul versante delle operazioni attive, maturando con ciò posizioni di Iva a credito, da “sbloccare” attraverso complesse procedure di richieste di compensazione, o di rimborso all’Agenzia delle Entrate, non senza dispendio di tempi e oneri.
“Siamo di fronte ad un provvedimento – sostiene Riccardo Roccati, presidente provinciale di Cna Costruzioni – che danneggerà fortemente tutte quelle imprese che oggi riescono a sopravvivere grazie alle commesse pubbliche. Perché, non vedersi corrisposta l’Iva per i servizi e le opere eseguite significherà, di fatto, un ammanco di cassa non indifferente, non potendo compensare l’Iva con quella da pagare ai fornitori. Si parla di rimborsi, ma vista la lentezza con la quale il pubblico effettua i propri pagamenti alle imprese, sarà molto difficile ottenerli in tempi ragionevoli. Oltre certi importi, tra l’altro, molte aziende si potrebbero trovare nella necessità di ricorrere al credito bancario, il cui accesso è già da tempo proibitivo”.
Un pesante colpo in particolare per il settore delle Costruzioni: “già in gravi difficoltà – precisa il presidente Roccati – tenendo conto che nel 2014, settimo anno consecutivo delle crisi del comparto, gli investimenti sono calati del 32%, con 790 mila i posti di lavoro persi”. Per altro, dal 1990 ad oggi, le risorse pubbliche destinate a nuove infrastrutture sono diminuite del 66%. A livello dei territori, poi, in seguito al Patto di stabilità, tra il 2008 e il 2014 i Comuni hanno ridotto le spese in conto capitale (per investimenti) del 47%, aumentando del 17% quelle correnti.